I primi fiocchi di neve sono caduti sulle Alpi e le località si preparano a vivere una stagione ricca di difficoltà ma anche condita da tanta speranza. Rincari, costo dell’energia, mancanza di personale e l’andamento stagionale tolgono il sonno agli esercenti funiviari.
Valeria Ghezzi, il presidente di ANEF, l’associazione nazionale esercenti funiviari che rappresenta il 90% del mercato con oltre 1500 impianti in tutto il paese, ha fatto il punto sul futuro degli impianti a fune, motore della filiera turistica da cui dipende il benessere di molte comunità di montagna. Il settore è pronto ad attivarsi per superare ogni ostacolo e offrire ai turisti il tanto atteso inverno sugli sci.
Come affrontate la crisi legata ai costi dell’energia e all’inflazione specie dopo le ultime stagioni?
«Si è parlato molto dell’aumento del prezzo degli skipass, ma vogliamo ribadire che la filiera sta facendo i conti con il caro energia, con l’aumento dei costi dell’acciaio e del carburante, con l’impennata degli oneri di gestione per garantire la sicurezza degli sciatori. I prezzi degli skipass sono aumentati, in ragione dell’inflazione, ma solo una minima parte dei maggiori costi sostenuti dalle aziende verrà trasferito sui clienti. I ritocchi, infatti, non coprono neppure la singola voce degli aumenti energetici: in caso contrario avremmo dovuto aumentare le tariffe del 30%, mentre i rincari si situano tra il 5 e il 12%».
Come riuscirete a far tornare i conti?
«Chiediamo con forza che il governo riconosca in modo formale le aziende funiviarie quali energivore e – in considerazione del loro ruolo per il turismo e l’economia in montagna – le aiuti ad affrontare una situazione di difficoltà che, purtroppo, non dipende dalla capacità imprenditoriale. Soprattutto in una fase delicata, mentre è ancora vivo il trauma economico dovuto alle chiusure per la pandemia».
Negli scorsi anni avete beneficiato di ristori, una soluzione ancora auspicabile?
«No. Non chiediamo misure di stampo assistenzialistico. Necessitiamo di soluzioni strutturali e non improntate alla contingenza. Non rappresentiamo solo società impiantistiche: siamo presidi per la montagna. Se chiudono gli impianti è tutto l’indotto a soffrire. Ciaspole e sci di fondo non sono sufficienti a mantenere la sostenibilità economica di un sistema incentrato sul turismo. Siamo la locomotiva di una lunga filiera: grazie agli impianti lavorano albergatori, commercianti, scuole di sci e sci club. In un panorama alpino che vede i comuni morire lentamente per abbandono, è evidente l’importante ruolo economico e sociale svolto delle aziende funiviarie, che evitano lo spopolamento delle aree decentrate così come quello di tutti gli altri operatori che fungono da polo di attrazione per il turismo montano».
Che inverno vi aspettate?
«Nonostante l’aumento dei costi di gestione siamo pronti ad assicurare la qualità delle piste grazie agli impianti di innevamento programmato: non è immaginabile una stagione senza neve, penalizzerebbe tutta la filiera. Ci attendiamo una partenza lenta, con prenotazioni legate soprattutto a soggiorni brevi, in ragione della situazione di difficoltà che caratterizza molte famiglie italiane ed europee. Ma sappiamo che la voglia di montagna resta forte e diffusa».
Quali soluzioni proponete per i clienti?
«La pandemia ha imposto un’accelerazione importante ai processi di digitalizzazione Oggi pagare lo skipass online è possibile praticamente ovunque. È un cambiamento che incoraggiamo fortemente: per ragioni di praticità e comodità per il cliente, ma anche perché ci permette di monitorare e registrare i dati relativi ai flussi. In questo modo siamo più consapevoli delle esigenze degli utenti, e possiamo indirizzare meglio le nostre scelte di investimento. Un numero sempre maggiore di sciatori sta scegliendo, con soddisfazione, questa modalità di prenotazione e di pagamento, ma esistono ancora ampi margini di crescita».